Di The House Guest se ne è davvero parlato molto nelle scorse settimane, in quanto, assieme al godibile corto Bianca di Federico Zampaglione, è stato il primo lungometraggio girato interamente durante il lockdown da Domiziano Cristopharo in collaborazione col suo coinquilino!
Ci son stati sicuramente altri registi impegnati a filmare (e a “documentare”) in quei giorni (incluso Corona Zombie, scivolone di pessimo gusto della Full Moon). Quello che accomuna il lavoro di Zampaglione e Cristopharo è l’aver usato la quarantena e le limitazioni obbligate dallo “stare in casa”, come un espediente narrativo a se stante che nulla ha a che vedere col virus ed i suoi risvolti.
Cristopharo non è nuovo a girare in condizioni difficili e limitate (o limitanti, su tutti: Red Krokodil e Doll Syndrome per citarne un paio a caso).
Quindi non sorprende che non sia rimasto con le mani in mano avendo a disposizione un bagaglio di talenti che lo vedono (oltre che regista) anche effettista, attore e direttore fotografia.
Quello che sorprende è che sia riuscito con tutte le limitazioni a noi note, a realizzare un prodotto estremamente professionale avvalendosi poi di un attore “improvvisatosi” (o “scopertosi”) tale suo malgrado: il suo coinquilino Daniele Arturi (che devo dire oltre che bello, è pure bravo e regge benissimo sulle spalle questi 83 minuti di film!!!).
Daniele Arturi, protagonista di The House Guest di Domiziano Cristopharo.
In una spassosa diretta di Ingenere Cinema Zampaglione e Cristopharo si son mostrati molto affiatati e spiritosi (e Zampaglione ha speso davvero belle parole verso quello che possiamo dire è un regista fin troppo spesso volutamente adombrato) raccontando aneddoti divertenti sul making of di queste due opere.
Quindi incuriosita dall’uso che Cristopharo ha fatto della polenta di baviana ispirazione (Mario Bava usò polenta per ricreare lava e zolfo in Ercole al Centro della Terra e nella diretta Cristopharo ha rivelato di averne usata per realizzare una scena molto particolare), ho colto occasione per fare 2 chiacchiere – virtuali – col regista e l’attore e ottenere uno screener del film.
Il film e' distribuito in esclusiva da TETROVIDEO: la versione collector's è sold out, ma per fortuna e' reperibile la versione standard!
È un Cristopharo molto diverso dagli standard estremi che conosciamo… che si avvicina più alle atmosfere di film come Transparent Woman, The Obsessed e Shock: My Abstraction of Death.
Una storia classica di fantasmi; psicologica… sì, ma che non lesina su sangue e visioni da incubo con bizzarre citazioni molto personalizzate ai classici cliché del cinema anni ’80, arricchito da una fotografia strepitosa.
Ho fatto quindi qualche domanda al regista e all’unico protagonista (che però fa anche altri ruoli bizzarri… come i mostri, i demoni ed il suo antenato spagnolo) Daniele Arturi.
AM – È nato davvero tutto per gioco?
Domiziano Cristopharo – Decisamente. Non era proprio nei miei pensieri girare nulla, anzi… mi era stato proposto di collaborare ad un collettivo internazionale dove dalla mia finestra avrei dovuto raccontare la quarantena eccetera, ma ho rifiutato.
Dopo la prima settimana però, il peso della privazione delle abitudini si sentiva e anche vedere un film perdeva la sua spontaneità… sembrava quasi piu un obbligo, un dover passare il tempo. Così ho pensato di girare qualcosa, qualcosa che potesse essere un “diversivo” divertente per riempire le nostre giornate.
Ma con mia sorpresa Daniele si è rivelato estremamente bravo, così ho pensato che sarebbe stato un peccato non sfruttare la situazione per fare qualcosa di serio! -.
La disgustosa scena delle pustole infette…
AM – Quando Domiziano ti ha chiesto di fare il film cosa hai pensato? Conoscevi già i suoi lavori?
Daniele Arturi – Sono rimasto molto stupito, perché il mio mestiere è un altro, non sono mai stato dietro una macchina da presa. Ho pensato: “Davvero vuoi far recitare me, senza un minimo di esperienza sul campo?”, “Saprò recitare?”.
Sì, conoscevo alcuni suoi lavori, li ho anche visti, un genere di film che non è mai stato tra i miei preferiti. Tuttavia, vedendo alcune sue opere, ho iniziato ad apprezzare anche questa tipologia. Prima di recitare in questo film come protagonista, ho partecipato ad altri suoi due lavori come comparsa. -.
AM – A cosa (o a chi) fa riferimento il titolo del film?
D. Cristopharo – The House Guest è tradotto letteralmente come “l’ospite”. In inglese come in italiano vale il doppio senso della parola: “ospite” è – a seconda del contesto – sia colui che viene ospitato, che colui che ospita.
In questo caso, in questa casa stregata il nostro protagonista Daniel è l’ospite di una dimora che non lo vuole, in quanto già “abitata” da altri ricordi e ombre… oppure, sono queste ombre, ad essere gli “ospiti” in casa di Daniel? -.
La famosa “polenta” usata per un riuscito effetto di melting.
AM – Ho trovato riferimenti ai racconti di Maupassant, in particolare “L’Horlà”, ma nei titoli viene citata come curiosa fonte di ispirazione “Malombra” di Fogazzaro…
D. Cristopharo – Maupassant è un autore che amo. Sono da anni al lavoro su uno script molto complesso ispirato a dei suoi racconti e finalmente son pronto ad iniziare la preparazione del film.
In The House Guest c’è molta atmosfera alla Maupassant devo dire… ho sempre amato come il sovrannaturale irrompesse nel reale nei suoi scritti, semplicemente stravolgendo poche piccole regole dell’ordinario. In questo lo trovo molto simile alla letteratura Giapponese.
Malombra è un altro dei romanzi che mi han segnato quando ero adolescente. Questo concetto della reincarnazione che diventa quasi un plagio mentale, una auto-convinzione generata da qualcuno che però è vissuto anni – se non secoli – prima, l’ho sempre trovata una soluzione non solo plausibile, ma anche altamente affascinante. -.
AM – Ma anche qui c’è lo zampino di Cavaletto…
D. Cristopharo – Che fra l’altro il Covid se lo è preso, fortunatamente senza conseguenze drammatiche. Dovendo – a maggior ragione – anche lui stare più “isolato” degli altri, ho pensato bene di coinvolgerlo in questo “gioco” e ci si è buttato a capofitto.
Fra mail e messaggi, la sceneggiatura ha preso la forma definitiva. Le sue idee deliranti stanno sempre bene assieme alle mie e come dice lui “il Cardinale della sabbia, spacca”! -.
AM – Quanto è stato difficile e quanto è stato divertente? La tua scena preferita?
D. Arturi – Per me alle prime armi è stato complicato e strano, durante tutte le riprese. Alcune sono state abbastanza semplici, altre un po’ più complicate.
Ho imparato che si può recitare bene o assumere atteggiamenti il più naturali possibile, ma tutto deve essere rapportato alla macchina da presa. Tutte le azioni, i movimenti, i gesti devono essere ben visibili in camera, quindi la difficoltà maggiore ritengo sia stata questa.
La mia paura più grande è stata quella di non riuscire a rendere bene le scene in camera in termini di espressioni facciali, gesti e movimenti per la mia inesperienza a livello recitativo.
Più che una singola scena preferita, per me tutto The House Guest si è rivelato un’avventura pazzesca!
Se proprio devo dirne una, è quella in cui inizio a sputare sangue in bagno e inizio a sanguinare anche dagli occhi, semplicemente stupenda, davvero ingegnoso il modo in cui Domiziano è riuscito a realizzare tutto questo.
Ma ne avrei anche altre. È stato bello vestire i vari costumi, anche se per me un po’ difficoltoso per la respirazione. -.
AM – Ho molto apprezzato la tua apparizione in veste di postino, personaggio che appunto porta la novella ed instilla ulteriori dubbi…
D. Cristopharo – Non amo assolutamente stare nei miei film come attore.
Quando l’ho fatto (Hyde’s Secret Nightmare, Museum of Wonders) è stato sempre per necessità (sostituire attori/attrici che han dato forfait last minute). Qui è diverso in quanto non avevo proprio altra scelta, ma devo dire che mi son molto divertito a costruire quel personaggio. -.
AM – In questo film firmi addirittura le musiche!
D. Cristopharo – Colpa di Zampaglione. È’ stato lui in quella diretta a dire che avrei dovuto fare pure quelle… mettendomi il tarlo in testa. E inoltre condivido pienamente il suo pensiero (fra l’altro detto da un musicista, non solo regista, e quindi ha un peso particolare) quando dice che l’horror non necessita di musiche, ma di atmosfere sonore.
Oggi i musicisti sembrano piu intenzionati a sfruttare i film per fare un demo delle loro possibilità/capacità piuttosto che cucire il giusto “abito” alle immagini che gli vengono affidate. Non è un caso che dopo tanti anni collaboro sempre con gli stessi.
Però in un prodotto come questo, aveva davvero senso che facessi tutto il fattibile. C’è anche un brano pop anni ’80 (come quasi oramai di rito in tutti i miei film da Museum Of Wonders in poi) di Giovanna Nocetti, con la quale ho stretto un sodalizio artistico e di amore puro irreversibile! -.
AM – Come riassumeresti questa esperienza?
D. Arturi – Un po’ come se mi trovassi tranquillamente seduto su un aereo a godermi il viaggio verso la mia meta e improvvisamente mi invitassero ad aprire il portellone per buttarmi giù a causa di un’avaria ai motori.
È stato qualcosa di totalmente inaspettato, ma, grazie alla notevole esperienza di Domiziano, ho ricevuto un enorme paracadute. È stato davvero strano recitare in un film, ma anche elettrizzante. Ho pensato: “Io attore in un film? Wow”!
Ho capito che esiste uno stretto rapporto tra attore, regista e macchina da presa e che alcune scene vanno girate più volte per parecchi motivi, chiarificatori poi in fase di montaggio.
Quando ho rivisto le scene montate ho pensato: “Ma questo sono davvero io?”. -.
AM – Su molte scene porti un trucco davvero complesso, è stato impegnativo affrontare per la prima volta quelle sedute di make up?
D. Arturi – A dire la verità, no. È stata un’assoluta passeggiata tutte le volte, stavo tranquillamente seduto, sdraiato o in piedi, a seconda delle esigenze, e venivo truccato.
Ho avuto un po’ di difficoltà nelle scene della doccia, più che altro per via dell’acqua che non era mai a temperatura ambiente, e la scena in cui mi taglio la faccia è stata di gran lunga la più complicata da gestire proprio a causa dell’enorme trucco presente.
La vostra Masina vi saluta e vi lascia con una azzeccata citazione da Erasmo da Rotterdam: ” Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.”
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