Sembrerebbe che il titolo derivi dal nome di un fungo realmente esistente, chiamato "mamadango", ma di questo non ci sono fonti certe.
In ogni caso, una cosa e' chiara fin dall'inizio: MATANGO e' un fungo.
MATANGO e' un fungo che ti contamina e muta se ci entri in contatto.
La lenta trasformazione fisica - fra piaghe e bubboni - non e' cosi' dissimile dagli effetti post radioattivi ben noti in Giappone in quegli anni del dopoguerra; Il tema della mutazione provocata da sostanze radioattive è ricorrente nell'opera del regista Ishiro Honda, da sempre sensibile ai danni che la scienza può provocare all'ambiente e, in questa occasione, fornisce anche il pretesto per sondare bene la psicologia di un gruppo eterogeneo di personaggi - ognuno a suo modo rappresentante tipico di una certa borghesia giapponese.
La metafora/sottotesto principale del film, e' quindi abbastanza esplicita e di denuncia.
Molte balle son state dette su questo film... e - purtroppo - molte balle si continuano a dire/scrivere, perpetuando leggende metropolitane alimentate solo dall'ignoranza di molti spettatori e pseudocritici che per farsi belli "online" (o pensando di essere comici quanto certi youtubers oramai passati di moda da un decennio) ripetono a pappagallo quanto leggono in giro per dimostrare di conoscere tutto.
Indubbiamente e' un film lento, con poco ritmo e alcune lungaggini che non sono giustificabili da un punto di vista autorale o stilistico; questa e' una nota di demerito non trascurabile, che inficia sicuramente la visione del film per il pubblico piu' superficiale (o in cerca di emozioni forti).
Eppure e' innegabile la cura ed il fascino che tutto il comparto tecnico e artistico ha posto nella realizzazione dell'opera (costumi, scenografie, fotografia, FX), la bravura degli interpreti e la quasi "ossessione" di Honda nell'indagare lo sgretolamento delle relazioni umane, trasformando quello che parte come un horror sci-fi, in un survival movie che indaga sul senso della vita.
Non credete a quelli che parlano del film come una "metafora anti-droga di un viaggio allucinogeno dovuto agli effetti dei funghi"... troppo facile davvero analizzare la pellicola sotto questo aspetto; il narratore fugge dall'isola, come sappiamo fin dall'inizio del film, e racconta la sua storia con disperazione e rimpianto: “Se fossi stato davvero innamorato di Akiko, avrei dovuto mangiare i funghi con lei e diventare uno di loro. Almeno saremmo stati insieme. Non è così? Se davvero avessi voluto vivere, non avrei dovuto essere così stupido ed egoista e avrei dovuto mangiarne uno: tutto il dolore... tutta la sofferenza... tutta la mia tristezza sarebbe scomparsa mangiandolo! Come diavolo posso affrontare ora me stesso?"
Se questo è un film contro la droga, di certo alla fine non suona come tale.
La sceneggiatura dello scrittore Masami Fukushima è più complessa di una propaganda reaganiana.
Ancora meno credete a coloro che definiscono "ridicoli gli effetti speciali ed il make up": all'epoca il film fece davvero scalpore per la rassomiglianza degli infetti (al punto da valergli il BAN in molti stati), con gli effetti delle radiazioni... e ancora oggi i contaminati che appaiono in scena regalano molti brividi: sembra quasi che ne puoi sentire l'odore marcio.
TRAMA: Un fungo originario di un'isola remota nel Pacifico meridionale, il Matango, è stato mutato dalle radiazioni dei test nucleari condotti nell'area.
La sua crescita accelerò, ed i Matango invasero l'intera isola. L'equipaggio di un peschereccio approdato sull'isola cade vittima del Matango dopo averlo mangiato, venendo trasformato in grottesche creature ricoperte di spore.
Quando uno yacht si schianta sull'isola non molto tempo dopo, i passeggeri trovano il relitto più vecchio e scoprono un registro che avverte sui pericoli del consumo del fungo.
(molte assonanze anche con ALIEN) Tuttavia, i sopravvissuti si arrendono alla fame e mangiano il fungo, trasformandosi a loro volta in zombi Matango.
Solo uno è riuscito a fuggire in Giappone, colui che in un manicomio ci sta raccontando questa storia.
MATANGO esplora abilmente i limiti della volontà umana e la durata delle restrizioni sociali, ed'è probabilmente il più significativo, inquietante e influente psicodramma horror/fantascientifico giapponese degli anni '60... raccapricciante e intelligente, è in netto contrasto con la fantascienza generalmente ottimista delle produzioni Toho dello stesso decennio; allo stesso tempo mette direttamente in discussione il tessuto della realtà e la natura della felicità, riuscendo in qualche modo anche a considerare la vita in un mondo post-nucleare da un punto di vista piuttosto nichilista.
L'obiettivo del film, non è l'effettiva trasformazione finale degli esseri umani in funghi, ma la tragica caduta e l'eventuale apatia di individui che cercano disperatamente di sopravvivere. Il vero "orrore" di questo film horror è tipicamente nel concept di orrore culturale giapponese: il mostro della storia, in questo caso il fungo, non sta facendo nulla di intenzionalmente dannoso. Semplicemente esiste e ha motivi di sopravvivenza che sono contrari alla sopravvivenza dell'umanità. È l'esistenza stessa del mostro/fungo e la capacità di controllare e distruggere l'umanità che è terrificante.
E' un film VISIVAMENTE NOTEVOLE, lontanissimo dai divertimenti "gommosi" di GODZILLA, che ti lascia a fine visione un senso di tristezza, dominato da un inedito (e davvero avanguardistico per l'epoca) "mood dark" e senza speranza.
La contrapposizione della coloratissima e moderna Tokyo, che vediamo attraverso le sbarre del manicomio all'inizio e alla fine del film, con la natura rigogliosa ma desolata dell'isola post-nucleare e' davvero impattante.
La pellicola è liberamente tratta dal racconto La voce nella notte (The Voice in the Night) di William Hope Hodgson, ripubblicata almeno 43 volte, persino sul Playboy Magazine di luglio 1954, ed è considerata una delle migliori storie dell’orrore mai scritte.
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