La vorarefilia (spesso abbreviata in vore) è una parafilia che associa il piacere sessuale all’atto di essere mangiati, inghiottiti, all’osservare il gesto e, in senso stretto, all’azione di mangiare.
Malatissimo, vero? Non a caso ha avuto il suo boom in Giappone dove i fanatici si son espressi in fumetti e cartoni “di stampo onanistico” data la complessità di realizzare nella pratica sessuale reale, una fantasia così “totalizzante e definitiva” (e mortale).
Il gore invece è un genere cinematografico che propone scene particolarmente cruente e violente ma caratterizzato dalla presenza di sangue rappreso, piuttosto che zampillante come nello “splatter”.
Ecco quindi che già dal titolo, Vore/Gore ci fa capire dove andrà a parare.
Nove registi internazionali, fra cui 2 donne (3 considerando la co-regia di Cherokee Nevin nel segmento firmato White Gardenia), ci raccontano la loro idea di vore, sfruttando stili e linguaggi cinematografici diversi. Il film è legato solo dalla tematica, e da una bocca che… echeggiando/omaggiando i titoli del Rocky Horror Picture Show, ci introduce ad ogni segmento ogni volta con un make up vistosamente differente e a tema. I film corali son sempre caratterizzati dalla mano dei registi che li compongono; quindi ovviamente c’è chi gradirà un episodio, chi un altro trovando discontinuità (stilistica, qualitativa etc). In questo caso la discontinuità è un pregio perché sottolinea la totale libertà e autonomia in cui ogni regista ha operato. Apprezzo poi in particolar modo come nei progetti capitanati da Domiziano Cristopharo, ci sia sempre una cospicua presenza femminile, spesso anche al suo debutto registico… in questo caso la strepitosa Irene Baruffetti (come Poison Rouge prima di lei).
The Mouth.
Il primo segmento, un suggestivo video sperimentale dello spagnolo Mikel Balerdi, funge anche da titoli di testa e si muove più su associazioni di idee che in una vera e propria narrazione: vediamo dettagli di una “cartoonesca” bocca gigante che perde denti, mentre si sovrappongono immagini di deformità anatomiche e di un vecchio che si toglie la dentiera (facendo fastidiosi versi) accompagnando una pittorica automutilazione genitale.
Sweet As Honey.
Abbandonati gli stili rozzi ed extreme dei suoi lavori in Deep Web e Dark Web, Emanuele Marchetto rivela di essere un regista raffinato e capace di esplorare altri stili e narrazioni. Coadiuvato dalla bellissima fotografia di Daniele Trani, Marchetto ci racconta la storia di un apicoltore sordo, che sfoga il suo desiderio di essere mangiato dando in pasto le sue api a delle aggressive vespe… per poi masturbarsi fantasticando di fare la stessa fine, divorato da un suo doppio.
Finger lickin’ good.
Lorenzo Dante Zanoni, giovane promessa del new horror apprezzato in Taste of Phobia e ILL – Final Contagium realizza qui il segmento indubbiamente più disturbante e splatter. Un ragazzino resta turbato dalla visione di un porno… nel lavello del bagno rivede la vagina primordiale… il desiderio di possederla e rientrare in quel buco lo porteranno a farsi letteralmente a pezzi. Strepitosi gli FX di Athanasius Pernath, raramente in film e corti italiani (ma non solo) si vede roba di questo livello qualitativo.
Please not in my mouth.
È la volta di Poison Rouge che si rende anche sexy protagonista del suo segmento… giocando (ironicamente, e facendo il verso al suo AGP: Sacrifice) con un cacciavite… ma nella bocca di un povero malcapitato! Bellissime le soggettive da dentro la bocca, divertente il finale. Un vero “bagno di sangue” con una estetica pin up.
Italian ladies do it better.
La segue a ruota Irene Jones Baruffetti con il segmento forse più autorale e metaforico: questo farsi “mangiare” dal proprio lavoro lo ho davvero apprezzato, e ho apprezzato come Irene (già attrice, cantante e costumista) abbia messo davvero tutta se stessa nel suo debutto, in una sorta di autobiografia in salsa rossa: una sarta deve consegnare un lavoro importante, ma ogni modello di abito che propone risulterà “anonimo” al committente, finché una ciocca di capelli non le resterà incastrata nella macchina da cucire e…
Infernal Gluttony 2.
Patrick Fortin, canadese noto nel giro underground per i suoi corti splatter/trash stile Troma, omaggia qui Infernal Gluttony: il cult del 2010 di David Charbonneau. Un uomo finirà a mangiare se stesso in un turbinio di droga, piacere culinario e onanistico. Tutto sembra uscire direttamente da un incubo del creatore dei Muppet, e ho apprezzato come accanto ad FX particolarmente realistici, si sia scelto di abbinare prop vistosi ed irreali, aumentando cosi il senso di disagio onirico.
Yummy Fur.
White Gardenia (Cherokee Nevin e Daniel Valient) sono un gruppo di performers costituito da ex autolesionisti e amanti dell’arte. Le loro performance sono un manifesto scritto col sangue (e che si possono trovare nel loro Mutilation Theatre). Girato come una sorta di shockumentary (che solo in superficie sembra approssimativo e amatoriale) il video ci mostra una ragazza che decide di assaggiare un po’ della sua vagina… Dopo il dito mozzato di Valient in XXX Dark Web, sicuramente anche questo segmento sarà l’ossessione di molti.
Stretching.
Dopo questi deliri di sangue, Domiziano Cristopharo ci trasporta nel lato più psicologico della vorarefilia esplorando, nello script del fidato Andrea Cavaletto, la frustrazione di questo bellissimo uomo che cerca soddisfazione sessuale nell’esser inghiottito in uno spazio stretto. Pochissimo nudo, pochissimo sangue a differenza di come Cristopharo ci ha abituati. Molta poesia. Bellissime le citazioni a Fellini con la donna del manifesto che diventa una gigantessa fuori della finestra, nel segmento che forse più di tutti affronta l’impotenza quotidiana di chi è attratto da questa philia e l’immaginario estetico/nipponico. Il finale è sconsigliato ai claustrofobici e alle persone ansiose.
The Egg.
E si conclude in bellezza, ma con sangue e poesia, nel finale firmato da Dario Almerighi. Uno sciamano coltiva un uovo nel terreno, come fosse un seme. Da questo uovo poi, nascerà una donna. Questa creatura è pura e innocente, e resta turbata dalle brutture del mondo che la circonda (abbiamo una traccia di ecologismo anche) così torna dal mago che l’ha fatta nascere per chiedergli di distruggerla. Lo sciamano la farà a pezzi, per poi trovare un nuovo uovo dai resti di lei… solo che stavolta non opterà per dare al “seme” una chance di vita.
A fine visione si resta frastornati dal caleidoscopio di emozioni a cui abbiamo assistito: nudità, sensualità, violenza, sangue, simboli. Sebbene discontinuo in apparenza, Vore Gore ha un forte legame tematico fra i segmenti (e si può considerare il primo vero film sulla Vorarephilia) ma non solo: la musica del segmento di Poison Rouge è di White Gardenia, gli FX del corto di Zanoni sono di Cristopharo (Athanasius Pernath, per l’appunto!), la gigantessa del corto di Cristopharo è la Baruffetti… si respira un senso di forte collaborazione e scambio che fa ben sperare per la rinascita di un ambiente indie fervido e lontano da invide e competizioni sterili che han freddato il pubblico nostrano verso queste interessanti opere.
Il film e' distribuito in ESCLUSIVA da TETROVIDEO (www.tetrovideo.com)
Per me... assolutamente DA VEDERE! 7 su 10.
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