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La “croce” di Marco Antonio Andolfi

Il film La croce dalle sette pietre, tristemente noto anche come Il lupo mannaro contro la camorra, è un film horror/comedy del 1987, diretto, sceneggiato ed interpretato da Marco Antonio Andolfi.

È stato prodotto dal Ministero dei Beni Culturali, ma fu proiettato in sole due sale, ed ebbe una distribuzione Home Video in VHS solo in Germania e Giappone.

Viene ricordato come uno dei peggiori horror mai fatti, il che lo ha reso un cult intramontabile e simbolo del cinema trash. Anni dopo, Andolfi decise (sotto l’egida di un produttore senza scrupoli) di rimontare il film, aggiungendogli nuove scene e titoli. Lo rinominò Talisman per aggirare i diritti e venderlo in altri paesi esteri.

Oggi tutti i cosiddetti “cinefili nell’era di internet” prendono in giro questo film. Un film che il 90% degli utenti commentatori non han palesemente nemmeno visto, se non a pezzi.

Ma siamo sicuri che non sia il film a prendere in giro il suo pubblico?

Partiamo innanzitutto dalla una delle tante piaghe che affliggono oggi il web: gli “YouTubers“. Quel fenomeno sottoculturale tipicamente giovanile, dove per “giovanile” qui si intende una fascia di età che va dai 9 ai 12–14 anni, ma che purtroppo han seguaci anche in persone adulte.

No, non odio indiscriminatamente ogni Youtuber. Per citare Oscar di Obsolescenza Programmata:

“Disprezzo selvaggiamente solo gli Youtuber di professione, non chi ha una professione e fa lo Youtuber. Ragazze che insegnano i trucchi del make up, doppiatori che intrattengono i loro fan, disegnatori che consigliano e parlano di aspetti interessanti della loro professione, gente di settore, con magari anni di esperienza, che consiglia film o fumetti vari sono tutti esempi di come uno Youtuber può essere interessante, utile ed apprezzato sulla base delle sue esperienze e capacità professionali. A destare odio e istinti omicidi sono invece quei Youtubers senza professione, ma di professione Youtuber, che snocciolano e sputano pareri alla webcam parlando di argomenti che, nel migliori dei casi, hanno conosciuto grazie a wikipedia cinque minuti prima.”. Fonte: Obsolescenza Programmata.

Il film divenne noto grazie alla “recensione” strappalike e risate di uno di questi fenomeni… e da lì, apriti cielo.

Oramai quando si parla di La Croce dalle sette pietre esce fuori solo una gara a chi fa il commento piu’ “ilare”. Benvenuti nel web, signori.

Ma siamo sicuri che un film in cui il regista che doppia in romano e fa gesticolare Gordon Mitchell come un parcheggiatore abusivo, che fa esclamare invocazioni a San Gennaro al ricettatore napoletano in punto di morte o che ci spaccia ninfomani per cartomanti, sia caduto davvero nel ridicolo involontario?

Gli effetti speciali sembrano essere un’altra nota dolente del film (almeno da quanto si legge nei soliti commenti). Ma per l’aspetto del licantropo e di Aborym, Andolfi si ispirò alle maschere della mitologia greca e alle iconografie del demonio nei testi sacri. E sebbene l’effetto sia palesemente finto, non appare così casuale.

Inoltre, da appassionata di horror, non ho potuto non notare come la scena del melting di “Totonno O cafone” (Piero Vivaldi direttamente dal successo de La Piovra, guardacaso) o la deformazione del viso (e successiva esplosione della pancia) della mamma del protagonista, siano effetti di ottima fattura. Sebbene accreditati a Endolf stesso, è più probabile che siano stati realizzati da Angelo Mattei (qui accreditato al trucco): un professionista di livello che ha realizzato gli FX di film come Macabro, Alien 2 sulla Terra, Murder Obsession e la serie Brivido giallo.

La tecnica con cui è realizzata la prima fase della trasformazione, omaggia la tecnica di dissolvenze creata da Jack Pierce per i primi film sull’uomo lupo.

Ma il compianto Mattei, non è l’unico nome di punta scelto da Andolfi per La Croce dalle Sette Pietre.

Il regista infatti si è circondato nella sua opera prima, di un cast di primordine in ogni reparto: Annie Belle (La casa sperduta nel parco), George Arrison (Gli Invasori), Zaira Zoccheddu (Roma a mano armata) e appunto Gordon Mitchell nel cameo del sacerdone satanista.

Alla scenografia Massimo Corevi, che ha collaborato con registi come Sergio Martino, Castellano e Pipolo e Tonino Valerii, e alla fotografia Carlo Poletti che è stato anche assistente operatore di Federico Fellini (Il Casanova di Federico Fellini)Michele Massimo Tarantini (La professoressa di scienze naturali) e ha lavorato come operatore con Joseph Losey (Don Giovanni, 1979), Giuliano Carnimeo (I carabbimatti e Mia moglie torna a scuola, entrambi nel 1981) e Leandro Castellani (Don Bosco, 1988).

Menzione particolare alle musiche, una colonna sonora sperimentale e minimale che sembra uscita più dagli anni ’60 e ’70 che dagli ’80 e che forse è la punta di diamante del film: a realizzarla il jazzista Paolo Rustichelli: compositore noto non solo per aver firmato (con lo pseudonimo di Jay Horus) le canzoni di Ilona Staller ma anche colonne sonore per film come Amici miei atto III, E la vita continua, La neve nel Bicchiere.

Rustichelli nel 1991 compone e produce l’album Mystic Jazz che contiene brani suonati da Miles Davis e da Carlos Santana. Con Santana sviluppa un’amicizia e collaborazione artistica che continuerà anche nel successivo album Mystic Man del 1996; partecipano all’album anche artisti come Miles Davis, Herbie Hancock, Wayne Shorter, Andy Summers (The Police) e Jill Jones. Il brano Med Groove nel 2014 è ripetutamente al primo posto nelle classifiche statunitensi dello smooth jazz e Amazon.com n. 1 Best Sellers.

Siamo sicuri di non voler riascoltare anche lo score del film con un’ottica meno prevenuta?

Non sto dicendo ovviamente che La croce dalle sette pietre è un capolavoro, né che come esperimento sia pienamente riuscito.

Però, di fatto, di questo si tratta: un esperimento ragionato, su cui il regista stesso ha più volte giocato in seguito, mischiando le carte in tavola.

Davvero impossibile pensare che con una tale crew, nessuno sapesse cosa stava facendo.

Le scene che a detta di molti sembrano ridicole o comico involontarie, sono assolutamente e volutamente autoironiche. e basterebbe vede il film per capirlo.

L’idea alla base del film è originale quanto bizzarra (un gioiello che serve a proteggere il mondo dalla furia distruttiva del male che impossessa il protagonista, finisce nelle mani della camorra) e le caratterizzazioni (nelle acconciature, costumi e recitazioni) dei personaggi son tutte palesemente fedeli ed appartenenti a uno stereotipo iconografico diffuso nell’immaginario collettivo internazionale.

Il ruolo del quasi sempre nudo protagonista de La Croce dalle sette pietre è interpretato da Andolfi stesso (con lo pseudonimo di Eddy Endolf), non estraneo a mostrare le sue doti fisiche nei film (Adamo ed Eva: la prima storia d’amore) grazie a un passato di atleta (è stato campione italiano di Decathlon) e attore di fotoromanzi. Andolfi dopo questo film non ha più girato nulla, se non il corto Riecco Aborym che è il sequel del suo film. Ha anche preso parte come attore in alcuni film indipendenti.

Marco Antonio Andolfi è morto nel 2018 in solitudine, andando via senza far rumore ma difendendo fino alla fine un’opera in cui ha creduto sempre.

La “croce” di Marco Antonio Andolfi
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