Normalmente non amo sequel, prequel e simili… questo perchè nelle origini di un sequel ci sono dietro solo mere ragioni commerciali e la creatività è qualcosa che va a farsi friggere. A parte alcune rarissime eccezioni (vedi ALIEN 2 o EVIL DEAD 2) questi prodotti sono da evitare se non per passare tempo con personaggi e situazioni che ci han allietato e sorpreso positivamente a una prima visione.
Farò forse storcere il naso a qualcuno, ma oggi parlando del PREQUEL de LA COSA di John Carpenter, vi dirò che a me è piaciuto assai.
Ovviamente è un film che si va a confrontare con un capolavoro e pietra miliare del genere, ed in questo perde sicuramente; costato 38 milioni di dollari, distribuito in tutto il mondo, il film ne ha incassati solo 27 (di cui 17 negli Stati Uniti), risultando quindi un insuccesso commerciale… ma narrativamente e registicamente il film tiene banco: regia asciutta, intelligente e ritmata, l’esordiente (ha infatti una CV ricco di spot commerciali) Matthijs van Heijningen da Carpenter ha evidentemente imparato molto, e introduce dei personaggi assolutamente credibili e assolutamente in parte (specialmente Joel Edgerton che somiglia tremendamente a Kurt Russel, e già visto in STAR WARS 2 e 3). Il film, ambientato tre giorni prima delle vicende del film del 1982, segue le gesta degli scienziati norvegesi e statunitensi che hanno originariamente scoperto l’alieno.
Nel film originale gli strabilianti animatroni di Rob Bottin facevano da padrone. Qui abbiamo una animatrone nella sequenza iniziale e poi tanta, tantissima CGI… che però stranamente non disturba: le mutazioni antropomorfe assecondano ed agevolano la credibilità di creature in computer grafica risultando per una volta non stucchevoli. UNA CURIOSITA’ emerse a fine film: un filmato rivela che sul set furono usati FX pratici e animatroni, ma la UNIVERSAL ritenne il film troppo “anni ’80” (forse questo revival ottantiano di oggi farebbe mordere le mani agli scellerati produttori) e decisero di integrare con CGI per dare al film un look più moderno. Buone le musiche di Beltrami, compositore statunitense – allievo di Goldsmith – e candidato all’oscar nel 2008 per QUEL TRENO PER YUMA, non fanno rimpiangere il Morricone del film predecessore.
Non tutto è perfetto, io avrei preferito che lasciassero più mistero attorno al tutto, e che non ci si avvicinase/addentrasse troppo all’astronave incastrata nei ghiacci… il finale diventa così un pò troppo mainstream e forzatamente spettacolare ma capisco le scelte e forzature produttive. Difendo però fortemente le scelte registiche e lo stile perosnale che il regista ha saputo imporre, e la discrezione e intelligenza con cui ha affrontato un film così difficile che sicuramente diventerà un piccolo classico nel tempo. Quando la snobberia di certi fan club dell’horror e di certa critica potranno finalmente tornare a godersi i film per ciò che sono senza dover scendere per forza in campo a difendere o distruggere la squadra del cuore.
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