Il futuro, il cibo, l’ignoto, l’amore e la morte, la malattia, lo spazio, il sottosuolo, il diverso: non c’è argomento che non sia (e sia stato) spiegato ed identificato con la paura; e quindi con l’horror, lo splatter, il thriller… e poi c’è ancora chi sostiene che sia il cinema ad influenzare la realtà!
In ogni modo i “generi” (sia letterari che cinematografici) sembrano essere andati incontro – fin dal loro apparire – a fenomeni di “carsismo”: evoluzionistici processi che li vedono inabissarsi nelle viscere del tempo per ricomparire trasformati, più in là… oppure circolare latenti nelle vene del cinema, per riaffiorare mutati, in altrove solo apparenti.
In quale genere annoverare, ad esempio, film come Le iene, Distretto 13, Il silenzio degli innocenti, Hardware, Inseparabili, La morte corre sul fiume (quest’ultimo una favola nera, arricchita dalla figura dello spauracchio per bambini sapientemente camuffato da predicatore folle)!?
La ragione di tutto ciò è semplicissima: poesia e scienza, immaginazione e pensiero scientifico (vale per il passato come per il prossimo futuro) non esistevano nella loro forma attuale: e siccome il fantastico è nozione polemica, si distingue per l’opposizione alla tradizione normalmente ricevuta. Come non poter essere favorevoli con chi sostiene che al cinema, il fantastico è soprattutto una scenografia in cui far precipitare trame, archetipi e stereotipi (principalmente il poliziesco… si pensi a “Blade Runner”, “The hitcher”, “Fuga da New York”, “Halloween”, “l’invasione degli ultracorpi” fino al dichiarato “Predator”) di altri generi. Importante è che lo sviluppo della trama obblighi il pubblico a considerare il mondo dei personaggi come un mondo di persone viventi, e lo obblighi ad esitare tra una spiegazione naturale ed una soprannaturale: tutti gli autorevoli interventi sul tema, concordano che il cinema è un abbandono temporaneo dal reale col susseguente ingresso i una condizione alterata di coscienza (terminale del rapporto autore\opera\spettatore).
Rapportando il discorso all’horror ed al fantastico, abbiamo letto più volte che film di questo genere possono considerarsi come la rappresentazione scenica e adulta delle paure dell’infanzia, sebbene ci siano film che riescono a toccare più da vicino il pubblico attivando una simbiosi emozionale tra due patologie: quella inscenata sullo schermo e quella vera dello spettatore.
Freud ha ben descritto come i bambini nell’età dei primi giochi, non distinguono nettamente ciò che è vivo da ciò che non lo è, trattando bambole e feticci come esseri viventi; accettiamo il presupposto (confermato dal successo strepitoso di film come “Bambola assassina”, “Trilogia del terrore” <episodio 3>, “Dolls”, e venature in film di altra argomentazione quali “La casa 3”, “Poltergeist”, “Barbarella”, “Chi sei?”) che il feticcio sia stato una fonte di terrore o un doppio idealizzato su cui proiettare qualità negative, allora bisogna considerare che questi film possano provocare in alcuni spettatori il ritorno del rimosso che, a causa del confine tra realtà e finzione divenuto labile, si ripresenta come un demone da eliminare. Rari i surreali ed efficaci casi in cui il doppio negativo è già indicato nel film, in un diverso che all’apice del paradosso è il gemello del protagonista: Sisters, Inseparabili, Chi è l’altro? Amanti d’oltretomba.
Le sventure incredibili dei nostri protagonisti (dalla possessione demoniaca di “L’esorcista”, all’eroina di “Sola in quella casa” perseguitata dai suoi incubi materializzati), leggibili come stati alterati psicotici, hanno il compito di abbassare le difese realistiche dello spettatore, permettendone un’adesione emotiva totalizzante.
E’ come se qualcuno ci dicesse che dietro la porta della stanza in cui ci troviamo comodamente, c’è un cadavere in decomposizione… tutta la stanza ci apparirebbe trasformata: anche la luce e l’atmosfera cambierebbero, pur essendo fisicamente invariate, perché noi saremmo cambiati, e gli oggetti sono quali noi li percepiamo!
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