Nuova opera estrema di Davide Pesca, divisa in atti/segmenti che sono
HEAVEN’S DOORS
THE SAINT FRIDAY
THE SECRETS
DO NOT STEAL
THE JUDGMENT
Esattamente come nel primo THE SUFFERING BIBLE, dove venivano reinterpretati in versione gore (in un calderone di blasfemia in cui si mescoleranno sesso, violenza e morte) alcuni versi del testo sacro, e in particolare di 5 dei Dieci Comandamenti, anche qui abbiamo 5 storie (i restanti) legate idealmente da un segmento conduttore, THE ANGEL, che è quello almeno visivamente più riuscito.
Pesca è regista indipendente italiano noto per aver realizzato diversi film estremi (Tales From Deep Hell, ed i segmenti “Feed me more” nel corale Deep Web XXX e “Hemophobia” nel collettivo internazionale A taste of Phobia).
Se ho apprezzato molto il lavoro di Pesca nei 2 corali sopra citati, dove ho visto ottime potenzialità e inventiva, devo dire che questa operazione sulla Bibbia (davvero intrigante e affascinante sulla carta) delude un pò troppo nella realizzazione. C’è molta ripetitività nelle torture, compiute fra l’altro su basi davvero scontate di suo, ma che diventano quasi un clichè del regista (ennesima enucleazione, eviscerazione, taglio di lingua – addirittura in versione doppia qui – in 2 segmenti diversi), fotografia a tratti assente – come la recitazione – e make up altalentante fra il riuscito e l’amatoriale (in dettaglio si inquadrano senza cura bordi scollati del lattice,o tratti dove il trucco non è applicato). La scena del parto del “ragno” antropomorfo ha il suo perchè, peccato che le insistenti inquadrature sulla creaturina riuscita bene davvero solo a metà, ne smontino completamente poi la resa. A volte non mostrare è meglio che mostrare troppo.
Gli Scavalcamenti di campo non si contano e, sebbene in alcuni momenti essi son funzionali – e forse voluti – in molti altri sembrano cio’ che sono: errori. Sembra tutto girato di fretta, e spero sia così… perché altrimenti aver dedicato tempo a risultati simili, sarebbe grave.
L’episodio cornice è quello che, grazie a un bianconero contrastatissimo, grazie all’atmosfera rarefatta ed al realismo delle pene autoinflitte (infatti c’è un performer di body art che non simula nulla, ma si trafigge e flagella senza effetti speciali) rende meglio. Forse modificando l’aspetto del performer minimizzando espansioni, piercing e tatuaggi l’effetto sarebbe stato ancora più efficace e meno “prevedibile” ma questa – come il resto – è solo la mia opinione, non me ne si voglia per esprimerla.
Il sound design quasi di matrice espressionista funziona molto, e mi domando… se il regista si fosse affidato nuovamente a buoni professionisti nella recitazione e fotografia – come in certi precedenti lavori – e se non avesse avuto fretta, che gioiellino potremmo aver avuto oggi fra le mani. Invece qui abbiamo costumi poverissimi, attrici con capelli arruffati, trucco assente (e ricordiamoci che è cinema, solo cinema, ci son dei reparti che non possono e non devono essere trascurati!), scene che vanno dal sottoesposto al sovraesposto… il risultato è davvero amatoriale per poter essere considerato a dir si voglia sperimentale.
Normalmente non recensisco ciò che non mi piace, o colpisce, ma… io qui son spinta dal fatto che ho davvero apprezzato alcuni dei lavori precedenti del regista… e ho visto qualcosa di buono in lui; magari la mia voce fuori dal coro potrà servire a bilanciare anche le eccessive recensioni incensanti e fin troppo “benevole” che mi han predisposta alla visione con alte aspettative, forse donandomi troppa hype verso qualcosa che… se non brutto, è allora senz’altro modesto… e decisamente non capolavoro. Sicuramente SUFFERING BIBLE 2 avrà i suoi estimatori, ma in un opera io non guardo solo la buona volontà e le idee (o i mezzi tecnici a disposizione), ma anche la realizzazione… e ci son tanti registi che han dimostrato ampiamente che con 2 soldi e poco tempo si possono sfornare gioiellini di film curati in ogni dettaglio: vogliamo scomodare i primi corti/film di Lynch fatti quando egli non era Lynch e aveva solo 22 anni, senza soldi… perchè no?
Non era indie e squattrinato e sconosciuto anche lui? Diciamo che fare film nel ’66 non era come farli oggi con mezzi a disposizione alla portata di tutti che abbattono costi di produzione e postpropduzione. Ma se non vogliamo puntare così in alto, fra gli indie contemporanei possiamo citare Schirmer ed i suoi magnifici PLANK FACE e FOUND… insomma non me ne vogliate, cinema estremo si, ma che sia sempre CINEMA.
Il cinema racchiude in sé molte altre arti; così come ha caratteristiche proprie della letteratura, ugualmente ha connotati propri del teatro, un aspetto filosofico e attributi improntati alla pittura, alla scultura, alla musica. (Akira Kurosawa)
Gli attori principali sono, fra vari:
Enrico Calloni
Ornella Sestito
Barbara Sirotti
Samaang Ruinees
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